Colazione allo Jazzo di Piano

1 agosto 2016 0:44 di jazzi

 

L’atmosfera è frizzante. La lavanda, il lino, ma anche l’elicriso, profumano l’aria dopo essere stati strofinati al passaggio. Il sole spunta alle spalle, dalla Lucania. Il mare cambia colore lungo la Costa degli Infreschi: parte la prima nota de “l’Aurora” di Franz Joseph Haydn. Arpeggi ampi, l’alba rosa e la luce in crescendo accompagna la musica insieme al risveglio dei viandanti lungo il sentiero.

 

Immaginiamolo così: un quartetto d’archi classico, la montagna calcarea che assomiglia a una leonessa addormentata, e il risveglio dolcissimo tra le note dei violini. I camminatori come gli ospiti dello jazzo si ritrovano così accordati sulla piana dalle note del violoncello. La ritualità della sonata che si ammorbidisce e abbandona i suoni barocchi per farsi più soave, per diventare sinfonia.

 

Si dice che Haydn fosse un musicista gioviale, ottimista e scherzoso. Per questo la sua musica rimane attuale e fresca, perfetta per esecuzioni fuori dallo spazio “cameristico” usuale per i quartetti. Qui la camera ha fiori e pendii mentre in lontananza verso l’orizzonte appare improvviso il mare.

 

Lo sguardo si stropiccia e scorge la costa che si estende come in un disegno perfetto fino alla costiera amalfitana. E poi giù, oltre Capo Palinuro, oltre Scario, verso la Basilicata. Al contempo, si accordano alle sensazioni e ai profumi le note come altre albe, altre montagne raccolte nel medesimo risveglio.

 

Ecco il monte Bulgheria che si estende nel basso Cilento, composto da più vette, di cui quella più alta arriva a 1225 m. È come un grande muro protettivo che garantisce alla fascia marina che va da Scario a Caprioli un clima mite. Il suo nome lo deve ai coloni bulgari venuti in Italia al seguito dei Longobardi di Albosino nel 569.

 

Coperto di vegetazione a nord e in gran parte spoglio a sud, il monte Bulgheria ospita sul crinale tra il fiorito e lo spoglio lo jazzo di Piano.

 

La flora e la fauna sono ricchissime, crescono spontanei ontani, pini d’Aleppo, querce, carrubi, timi, rosmarini, ginestre, primule di Palinuro. Qualche cacciatore segnala l’aquila, il biancofiore, il falco pellegrino, il corvo, il picchio, il tasso, il ghiro.

 

E intanto le note avanzano avvolgendo il luogo e i suoi camminatori. Partono gli accordi della Simple Song n°3 di David Lang: le stesse canzoni semplici che Sorrentino aveva fatto suonare alla natura svizzera con uno stupito Michael Caine ormai disincantato direttore d’orchestra.

 

Qui la flora si fa più mediterranea: ci sono l’olivo, il castagno, il fico, la vite, il gelso. Il Piano è una vera e propria pianura sulla cima del Bulgheria circondata da valli boschive e colli rocciosi.

 

Ora il Piano è un palco. Lì dove sorgeva una nevera per la raccolta della neve, ora siede il pubblico improvvisato. Un pubblico in silenzio e in ascolto.

 

La leggenda racconta che il monte fosse ricco di tesori al punto che i toponimi lo descrivono come una vera e propria montagna d’oro. Il nostro pubblico è dunque seduto su un vero e proprio tesoro!

Lucente, illuminata sovente dai fulmini e dai temporali, la montagna dunque si sveglia e con lei i pastori. Racconta sempre la tradizione che i pastori si ritrovarono insieme in cima al Bulgheria per costruirvi su un’altura una cappella dedicata al Santo divisore delle saette dai tuoni, protettore dalle alluvioni e dalle catastrofi naturali e infine, ma non per ultimo dalle tempeste del cuore. Si chiamava Crepopoli.

E ora dove stavano i pastori ritroviamo il pubblico sedotto da note che si fanno divine aprendo il cielo e proteggendo dalle tempeste del cuore fino a che musica sarà.

 

Il monte Bulgheria è ancora lucente e luminoso nell’aurora. Il momento del risveglio offre il profilo migliore del cielo che vi si staglia vicino.

 

Risplende, e si fa ammirare nell’inusuale combinazione di un territorio solo apparentemente spartano eppure in perfetto accordo con l’armonia musicale di una magnifica esecuzione di Haydn. Sipario. Colazione.

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