Seguire la Gualanella: lo Jazzo della Cropana

8 agosto 2016 0:08 di jazzi

 

Da generazioni si tramanda il racconto della famiglia Parlati, cognome che risuona nella valle per la ricchezza e per la storia e del suo legame con il territorio. Si tratta di profonde radici: la valle del Monte Bulgheria è infatti il luogo voluto, il luogo del cuore.

La famiglia è originaria della costiera amalfitana: ricchi commercianti che da Amalfi esportavano oli, vini e formaggi fino alla Sicilia.

L’azienda familiare era nata intorno all’anno mille nel momento del massimo splendore della Repubblica marinara. Ed è durante un viaggio verso la Sicilia che l’avo di Parlati vede l’arco di Palinuro, l’azzurro del mare e la bellezza selvaggia della valle innamorandosene all’istante. L’uomo decide così di allargare l’impresa estendendo i commerci dalla Costiera all’entroterra cilentano lungo le pendici del monte Bulgheria e di utilizzare la spiagga della Molpa come punto di partenza per i commerci.

La stessa fascinazione dei Parlati la subisce anche Giuseppe Ungaretti quando nella primavera del 1932 visitando la zona e noleggiata una paranza a motore scrive: Ed ora gli ulivi hanno un alone di luce intorno alle foglie, come i santi. Ora i monti che ci fiancheggiano vanno avanti e indietro, e alcuni arrivano ritti sull’acqua, e altri, prostrati, appiattiti, si prolungano in orazione verso l’acqua […].

Di colpo, il mare in un punto ha un forte fremito: è un branco d’anatre marzaiole che si rimettono in viaggio. Sono arrivate sull’alba, e ora che principia l’imbrunire, volano via […].

Piccole grotte ora ci fanno compagnia. I cavalloni penetrando in quegli occhi bui, disturbano le pietre, muovendo un rumore d’antiche ossa.

Il Porto di Palinuro ha le casette bianche, e l’ultima è rosa: sembrano sulle prime biancheria stesa ad asciugare, e poi blocchetti di gesso. […]

Non ho mai visto acqua di pari trasparenza a quella che scopro avvicinandomi al porto. Vediamo la sabbia del letto come pettinata soavemente, e i nastri delle alghe trasformare in serpenti agitati, la bella capigliatura.

Le parole utilizzate dal poeta nell’opera Il Deserto e dopo (Mondadori, 1961) descrivono il medesimo stupore che portò i Parlati a preferire la selvaggia costa cilentana alla fiorente amalfitana.

Quel fascino si ritrova ancora oggi in quelle proprietà, come lo jazzo della Cropana. Se si guardano i sentieri che attraversano il monte Bulgheria il pensiero va immediatamente agli attraversatori più frequenti dei luoghi: i pastori.

Lo jazzo nasce come destinazione e giaciglio per proteggere le pecore dai lupi, ed è tappa fondamentale nel cammino dei pastori: intermezzo notturno tra la valle e i pascoli.

Lo jazzo su una delle cime era coltivato a grano e granone, come testimonia l’aia presente e gli antichi terrazzamenti. Erano gli animali a rendere il terreno fertile e ricco grazie alla concimazione naturale che producevano. È così che nasce il toponimo Cropana, dal greco letame, diventato nel dialetto locale cruopeco o cropico: lo jazzo del letame, e della fertilità.

Il calendario degli spostamenti lungo i tratturi viene dettato prima dal benessere delle piante fino alla linea degli Jazzi, e poi su, fino al pascolo, quando giunge l’estate, la priorità è la salute degli animali. Da sempre tra Aprile e Giugno, si pratica “a curtaglia”: le pecore e le capre in cerchio, concimano l’ulivo per due o tre giorni, e poi si spostano a concimare un altro ulivo. Durante la transumanza, che avviene, ancora oggi in qualche caso, da fine Giugno a Novembre, le capre, le pecore o le mucche venivano portate sul Bulgheria al pascolo.

Se la stagionalità è chiara nelle scelte e nell’andare la giornata è scandita tuttavia dall’osservazione del cielo. D’estate gli animali pascolano, oggi come allora, dall’alba al primo sole caldo, intorno alle 9 del mattino. Si riposa al fresco e si riparte nel pomeriggio, quando il sole scotta meno, per poi ritornare allo iazzo quando spunta la gualanella, la stella del Pastore.

La stella è l’ultima a svanire al mattino sul monte Malacervice e la prima a comparire la sera, verso la Serra. E’ chiamata Gualanella perché guida, come il gualano, una coppia di buoi: il sole e la luna.

E la notte? Si rafforza il dialogo tra il pastore e il monte: il Bulgheria è il luogo dove i pastori si incontrano e parlano con il cielo e l’aldilà, cercando relazioni spirituali proprio a causa dell’isolamento che vivono.

I pastori dialogano con le stelle, e ogni tanto nelle notti più cupe, pastori sfidano il diavolo, quando il demone suona il suo tamburo, e il suono si traduce nei tuoni, che annunciano la pioggia e spaventano il bestiame. Per tenerlo a bada, i pastori usano la musica. In particolare, la zampogna e la ciaramella sono gli strumenti del Natale e della natività, così potenti da incantare non solo le pecore, ma anche le capre imparentate con il demonio.

La montagna diventa un interlocutore privilegiato, tra sacro, profano, razionale e irrazionale. Il pastore dialoga con il monte, e spesso gli chiede di farsi più piccolo, per rendere più veloce l’ascesa, per sfuggire dalle paure, per accelerare il ritorno alla sua donna lasciata in paese.

cropana

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