Il paesaggio è un animale. Primo laboratorio camminato #camminarejazzi

3 marzo 2018 16:21 di jazzi

“Il paesaggio è come un animale, bisogna stare attenti a non farlo scappare”. Sono le parole di Matteo Meschiari, antropologo e geografo che ci ha aiutato a costruire immaginari e ritrovare gli spazi durante il primo primo laboratorio camminato di Jazzi, svoltosi nel weekend appena concluso.

Difficile provare a restituire sensazioni e percezioni, l’incontro è stato pieno sia dal punto di vista degli scambi, che delle relazioni. Proveremo a ricostruire brevemente cosa è accaduto in questi tre giorni, in attesa delle visioni e dei racconti degli ospiti che ci hanno accompagnato.

 

Il laboratorio camminato rappresenta la prima tappa del progetto dell’artista Claudia Losi, che da anni focalizza la sua ricerca sul rapporto tra natura e immaginario, e sugli aspetti storici e antropologici dell’ambiente in cui interviene.

Il monte, con le sue caratteristiche fisiche e antropiche precise, pietre, radi boschi, nebbie basse diventa il paradigma naturale su cui cominciare un ragionamento.
Si tratta di un intervento progettuale che evidenzia un possibile percorso per trasformare il paesaggio in riflessione, come percepiamo i luoghi significa anche come costruiamo i pensieri.
Attraverso un rapporto reale, fisico con e nei luoghi (Landscape – Mindscape- Walkscape) si dà avvio alla prima fase del progetto, che, come nelle migliori tradizioni, inizia a cena, davanti al camino. Siamo infatti stati ospiti di Maurizio e Anna, che hanno accolto il gruppo nella loro casa di Licusati.

Le ricottine con foglie di limone, i cavatelli alle verdure, le salsicce e i friarielli sono state il companatico del primo incontro tra il gruppo e gli ospiti: Marco Belpoliti, giornalista e scrittore, Arnaldo Iudici, naturalista; Matteo Meschiari e Claudia Losi.

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Ci piace iniziare a tavola, non solo perché la dieta mediterranea cilentana è patrimonio Unesco, ma soprattutto perché la dimensione del lavoro è per noi convivialità, uno scambio che permette un incontro di persone e di relazioni, prima che di professionalità, e questa cifra si ritrova nel percorso della giornata camminante.

Ritrovo alle 10.30 davanti alla chiesa dell’Annunziata gli zaini sono pieni di panini e i thermos di tè caldo, perché la tramontana soffia forte, e muove le nuvole sopra il mare, di lontano.

Prima di partire, vengono raccontate le regole del cammino: per non fare scappare l’animale, è necessario tornare alla base del camminare, ossia l’ascolto del silenzio, dei passi, la percezione del proprio corpo nello spazio attraversato.

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Quindi, il cammino sarà fatto in una dimensione collettiva e soggettiva allo stesso tempo, ognuno potrà scegliere i ritmi del passo, le soste, gli elementi di attenzione.

Siamo una trentina, il gruppo Jazzi, gli ospiti, gli amici e i curiosi partecipanti. Il sentiero inizia ripido, la strada si inerpica tra i terrazzamenti e gli ulivi basiliani, con quel disordine ordinato che contraddistingue gli uliveti cilentani. La loro età millenaria li ha preservati dall’ordine antropico dei giardini e delle coltivazioni; l’uomo, le sue attività, si sviluppano intorno, assecondano la natura circostante.

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Si sentono gli odori della salsedine invernale, anche se per scorgere la costa di Camerota è necessario salire, seguire la scarpata.

Solo in vetta si staglia all’orizzonte la linea del mare, la costa che si dipana dietro le colline; il promontorio di capo Palinuro, le acque mescolano i toni del pervinca e dell’ardesia, spesso non sono distinguibili dal cielo, se non per i bagliori del sole.

La luce diventa quindi elemento secondario, come ci dice ad un certo punto Marco Belpoliti, “ci sono sassi, sassi di ogni tipo, la bellezza di questo luogo sta nei suoi sassi!”.

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Arnaldo Iudici ci offre un racconto dettagliato della dimensione geologica del monte Bulgheria, un monte che nel corso dei movimenti tellurici, ha fatto una rotazione, spingendosi più a ovest, verso il mare, e diventando la fortuna degli uccelli migratori. Il tordo, il merlo, nella risalita e nella discesa verso l’Africa, si fermano qui, sia per abbeverarsi che per nutrirsi grazie alle bacche, ai frutti del terreno. Saliamo tra ossi di montone, sassi smossi dalle pecore al pascolo, fiori di zafferano e piante di sparta, detta anche “tagliadita”, erba necessaria per la costruzione delle corde e delle reti da pesca.

Il dialogo tra il mare e il monte è costante, possiamo quasi immaginare che l’animale di questo paesaggio sia un anfibio, in grado di dialogare tra i due elementi naturali dominanti.

Giunti alla cima, si apre lo spiazzo della Cropana, lo jazzo che fa da cornice al nostro riposo. Prima, però, Matteo Meschiari ci propone un esercizio sul cammino. Può essere ricondotto a pratiche meditative, anche se non è quello l’orizzonte di senso che interessa.

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Cambiare il cammino diventa un modo per percepire il nostro rapporto con lo spazio, con la natura, e con noi stessi. Siamo chiamati a scambiare l’ordine di tacco/punta, e ritornare a punta/tacco, un appoggio più tenue al terreno, per poterlo percepire appieno.

È il passo dei cacciatori, che utilizzano per non fare sfuggire gli animali. È il passo che ci permette di stare nella natura senza perturbarla, ma di farci alterare, essere noi stessi attraversati dallo spazio e dal paesaggio.

“è un modo utile per capire come muoverci con il massimo della consapevolezza. Non c’è un posto dove andare, si deve camminare lì, dove si è, senza preoccuparsi della destinazione, ma solo dello stare”.

Sono minuti sospesi quelli della camminata, siamo tutti insieme, ma è come se ogni esperienza fosse individuale, isolata. Il gruppo a poco a poco si riduce, c’è chi, esausto, si riposa.

unnamed (2)È il momento dei panini, della convivialità, seduti su pietre o sui muricini, a gruppetti. C’è sempre qualcuno che si allontana, che cerca un proprio spazio di contatto, di riflessione, quasi che il lavoro sul silenzio, e sul passo, abbiano iniziato a modificare quelle percezioni.

Quel passaggio dal Mindscape al Landscape che vorrebbe essere il risultato del percorso artistico. Marco Belpoliti disegna, Claudia Losi raccoglie frammenti di storie e racconti, Arnaldo Iudici pazientemente dispensa dettagli sul significato di quelle rocce, di quegli arbusti, ridona una storicità alla natura, restituisce la presenza Ci sono frammenti di foglie sulle tegole dello jazzo, che fanno presumere che quel tetto sia stato costruito e lasciato essiccare lì, su quello spiazzo che oggi ci accoglie.

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Chissà se De Martino aveva in mente questo. Eppure è come se ritornassero a galla i detriti, i passaggi, i percorsi che hanno levigato quelle pietre, i più lontani nel tempo e i più recenti: il sentiero era stato pulito pochi giorni prima, eppure le pecore hanno smosso sassi, e le mucche hanno lasciato segni e impronte indelebili del loro passaggio.

Nella solitudine del crepaccio, non siamo solo noi, e questo affollamento di storie ed elementi restituisce sensazioni difficilmente trasferibili, faticosamente tramutabili in parole e racconti.

La tramontana ci impone di scendere, e interrompe questo tempo sospeso. La discesa sullo stesso sentiero permette di vedere, riconoscere, leggere nuovamente il paesaggio che assume una dimensione di familiarità.

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Scendiamo a gruppetti, con passi alterni, con piccole soste e molte parole, tutte quelle che avevamo trattenuto nella risalita. Ad attenderci, all’arrivo, l’aperitivo al bar e i dolci di carnevale: chiacchiere, castagnole, paste di mandorla.

E poi, di nuovo, il fuoco, il vino, gli scambi, le risate, la cena con la maracucciata, il mare al mattino dopo. La sensazione è che l’animale non sia fuggito, ma che ci stia lentamente addomesticando, abituandoci a stare, e a restare, nello spazio della natura.

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I mesi di Febbraio e Marzo saranno attraversati da altri due laboratori camminati, abbiamo molta strada da fare, e molte cose da apprendere sul nostro cammino. Per ora non possiamo che ringraziare i nostri preziosi ospiti, che ci hanno accompagnato e che hanno permesso al nostro progetto di fare un passo in avanti. La destinazione, non importa, ma l’andare, quello sì.

 

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