Caos sensibile

18 luglio 2016 10:50 di jazzi

di Marco Belpoliti.

L’estate è la stagione migliore per fare osservazioni. Seduti su una spiaggia guardiamo le onde che si frangono contro l’arenile, oppure sdraiati in un prato osserviamo le nuvole che corrono veloci sopra la nostra testa. Salendo lungo un sentiero di montagna siamo invece attratti dall’acqua che corre lì a fianco: il torrente va veloce verso il basso. Fermiamo lo sguardo ai suoi rapidi movimenti. Dietro a ogni pietra si formano onde che rimangono nello stesso luogo mentre vengono percorse da acqua sempre nuova. Poco più in là ci sono invece piccole onde d’increspatura portate da onde più grandi, che provengono dalla sponda del torrente; insieme danno origine a un ricco gioco visivo.

L’acqua precipita impetuosa. Scroscia, spumeggia, forma vortici e scava con forza le pietre disposte sul suo corso formando concavità e forme arrotondate.

Spostiamoci ora su una spiaggia. Mattino presto, c’è la bassa marea. Nel fondale molle si può vedere un reticolato di forme ritorte. Le ampie ondulazioni sono l’impronta del mare che si è ritratto poche ore fa. Immergiamoci adesso con la maschera nell’acqua del mare: si scorgono forme corrugate nella sabbia sotto il pelo dell’acqua. Entriamo in un bosco mediterraneo, lì vicino, lungo la costa marina; le cortecce hanno tutte le forme di un fiume vorticoso che fluisce intorno ai punti d’origine dei rami; guardando le venature degli ulivi, oppure il tronco di un cipresso, si scopre che si tratta delle medesime impronte di flussi e gorghi viste nel torrente e ritrovate nella sabbia. Il piacere delle osservazioni compiute durante questi mesi estivi possiede la capacità di ricondurci a un’età infantile d’esplorazioni e scoperte, dove ogni forma è nuova e imprevedibile, e suscita l’immancabile gioco del: “Perché è così?”. Come conservare l’incanto di quei momenti anche nell’età adulta, la seduzione dell’incontro con la natura e il bisogno di trovare delle risposte al perché delle forme? Ci attraggono, ma come interpretarle e capirle? Un tedesco, Theodor Schwenk, ha scritto nel 1962 un libro affascinante che bisognerebbe portare con sé nel corso delle esplorazioni estive. S’intitola Il caos sensibile. L’edizione italiana, presso le Edizioni Arcobaleno, ristampata di recente, ha come sottotitolo: Fluente creazione di forme nell’acqua e nell’aria. Si tratta di un libro che contiene disegni e fotografie. Schwenk è stato un aderente al movimento di Rudolf Steiner, l’antroposofia, che s’ispira al pensiero scientifico di Goethe, esposto in libri come Teoria del colore e La metamorfosi delle piante.

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Jimmie Durham, Xitle and Spirit , 2007, Volcanic stone on automobile, 200 x 350 x 160 cm.

Il poeta romantico sosteneva che la fisica presta più attenzione ai fenomeni statici che non alle forze vitali e ai flussi. Le forme naturali variano di momento in momento. Le idee di Goethe conoscono oggi una riscoperta e un discreto successo tra gli studiosi. Il problema della forma, la morfologia, ha attirato l’attenzione degli esperti di percezione, biologi o matematici come René Thom, il padre della teoria delle catastrofi. Ma torniamo a Schwenk. È un fotografo e guarda alla moltitudine delle forme di flusso con l’occhio dell’artista piuttosto che con quello dello scienziato. Camminando dentro un bosco alpino, osservando le nubi nel cielo, seduto in riva al mare o piuttosto che sulle rive di un torrente montano, questo fotografo ha tracciato schizzi e disegni precisi come quelli di un biologo dell’Ottocento, che studia le forme al suo microscopio. Schwenk è convito che osservando l’acqua e l’aria si può imparare a leggere l’alfabeto della natura, il quale è scritto nel linguaggio dei fluidi: onde, movimenti elicoidali, superfici ritorte, vortici, flussi laminari. In questo modo, scrive, non si comportano solo le acque ribollenti di un borro di montagna o le nuvole mediterranee, ma anche le fibre nervose del nervo acustico, l’intestino e il cuore umano, le corna degli animali, le conchiglie marine, le ossa dei mammiferi, oltre che naturalmente gli animali che vivono immersi in fluidi come l’acqua o l’aria: le meduse, le razze, tutti gli uccelli che sfruttano le correnti aeree. Il suo sguardo di uomo abituato a osservare le forme si posa sull’andamento a meandro dei fiumi, sulle erosioni, sulle correnti e i movimenti elicoidali delle acque di grandi corsi d’acqua.Ha in mente una cosa: ritrovare ovunque l’immagine di un ritmo, quello che pervade le maree, ma anche le acque dei pozzi o degli stagni, e persino la creazione degli organi degli esseri viventi, composti per la gran parte d’acqua. Riprendendo un pensiero di Novalis, cui si deve anche la bellissima espressione “caos sensibile”, Schwenk scrive: “Che il nostro corpo sia un fiume sapiente, è del tutto fuor di dubbio”. Molte espressioni del fotografo e disegnatore tedesco ricordano il panteismo romantico e rimandano a un’idea di scienza qualitativa e non più solo quantitativa. Nel guardare la natura, la qualità ha la prevalenza rispetto alla quantità. Non è un’idea antiscientifica. Anzi. Oggi siamo dominati dai dati, dagli algoritmi che organizzano e disciplinano molte delle nostre attività: un tentativo di dare ordine al caos. La scienza ha esplorato negli ultimi decenni il tema del caos, come mostra James Gleick in un libro importante: Caos. La nascita di una nuova scienza (Rizzoli).

Gleick sostiene in questo libro che le immagini e le riflessioni di Schwenk, per quanto imbevute di spiritualismo, hanno ispirato alcune delle idee delle moderne Teorie del Caos, quelle che riguardano i vortici, l’instabilità strutturale, la topologia dei flussi, un settore della scienza molto vivo e interessante. Per tornare alle nostre osservazioni estive, per cui vale davvero la pena di munirsi di un taccuino e matita per appuntare parole e immagini, il libro di Schwenk aiuta a guardare in modo specifico mulinelli e vortici, interpretati dall’autore come “rotolamento di una superficie sull’altra”, mescolanze di acqua e aria prodotte nei movimenti ondosi. Proviamo a fare qualche prova: immergere un bastone in un torrente torbido per vederne le scie vorticose; osservare lo sgorgare di un getto di una fonte fredda nell’acqua di un fiumiciattolo; spiare una goccia che cade in unasuperficie d’acqua ferma e produce figure stellate. L’idea di fondo di Schwenk è che la medesima bellezza unisce le cose che vediamo e quelle che pensiamo, le forme della natura e le forme dei nostri stessi pensieri. Per dirla con Goethe, autore che merita di essere letto o riletto: “Nulla è dentro, nulla è fuori, poiché è dentro ciò che è fuori”.

Da Doppiozero, Pubblicato il 17 Luglio 2016

Nella foto di copertina: Gabriel Orozco, Common Dream, 1996, Silver dye breach prints.

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