Il regno della biodiversità: appunti dal #laboratoriocamminato3

22 marzo 2018 10:01 di jazzi

di Dionisia de Santis.

Il Cilento è un luogo che racchiude una biodiversità elevatissima. Esso rappresenta una delle riserve più importanti di biodiversità biologica e diversità culturale di tutta l’area del bacino del Mediterraneo. Riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità, il Cilento riproduce un esempio importante di come Natura e Uomo possano convivere in equilibrio dinamico e non distruttivo. Uomo che ha abitato questo luogo fin dai tempi della preistoria, e che ha contribuito, con le sue attività tradizionali, a plasmare i paesaggi e la biodiversità.
Il Cilento è anche terra di Olivi, boschi, pascoli, orti e cereali. A Licusati, percorrendo il sentiero proposto da Claudia, Katia e Liviano, incontriamo tutto questo. Il percorso si snoda tra antichi e monumentali Oliveti e rilievi rocciosi calcarei, che caratterizzano il versante ad esposizione meridionale del Monte Bulgheria (1225 mt). Un percorso che ci ha consentito di muoverci in uno spettacolare ambiente, che coniuga perfettamente aspetti geografici, geologici, botanici, agronomici e storici del luogo. Esso dunque, riveste un duplice interesse: scientifico, in senso tradizionale, e culturale nel più ampio senso del termine, secondo una moderna visione di compartecipazione e valorizzazione del patrimonio naturalistico.

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Gli ampi oliveti, che attraversiamo all’inizio del percorso, possono essere considerati come un simbolo della cultura rurale di questi luoghi. Una cultura originaria che si manifesta in pieno nella varietà “Pisciottana”, un albero dal portamento slanciato, molto alto e di maestosa chioma, che morfologicamente quasi si confonde con il nobile Leccio, il quale in passato, qui fortemente dominava, formando dense foreste. Ma questo prima dell’insediamento dell’uomo. Ai lati degli oliveti piccoli nuclei di macchia mediterranea arricchiscono il paesaggio con i tipici arbusti: Leccio, Lentisco, Alaterno, Mirto, Prugnolo selvatico, Ginestra comune, qualche Carrubo; e piante rampicanti: Salsapariglia, Caprifoglio e Vitalba.
Lasciati gli oliveti si sale verso il paesaggio dei pascoli. Il percorso diventa spettacolare, domina la valle insieme alle caratteristiche costruzioni rurali denominate jazzi. Qui incontriamo le praterie ad Ampelodesmos mauritanica, graminacea di grande taglia, legata a condizioni di buona umidità atmosferica e suoli abbastanza profondi, che con le sue radici forti e resistenti, evita l’erosione del suolo. Oltre all’Ampelodesma (Ampelodesmos mauritanica), contribuiscono notevolmente a sostenere il suolo anche altre piante, soprattutto le pirofite. Ovvero, piante che sopravvivono agli incendi o sono addirittura favorite da questi, perché provviste di grosse radici e di organi di sopravvivenza particolarmente resistenti, quali bulbi, tuberi e rizomi, o di fogliame facilmente infiammabile, che agevola il rapido passaggio delle fiamme, assicurando in tal modo la sopravvivenza dei cespi basali, da cui, al sopraggiungere delle piogge, emetteranno rapidamente nuovi polloni.

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Altri aspetti di pascolo arido, tipici delle pendici calcaree e di terrazzi di rupe e scarpate, sono caratterizzati dalle garighe a piccoli cespugli. La gariga costituisce, assieme alla macchia, la principale associazione vegetale presente nel Mediterraneo. La sua abbondante presenza è dovuta, oltre che alla natura del terreno e al clima, anche ai ripetuti passaggi del fuoco e all’uso antropico del territorio, qui soprattutto pastorale. La gariga rappresenta il primo gradino dell’evoluzione vegetale che, se lasciata esprimere spontaneamente, termina nella foresta sempreverde.
In questi terreni sassosi, acclivi, soleggiati e aridi la vegetazione è costituita da arbusti radi, sempreverdi, spesso aromatici. Abbonda il Lentisco (Pistacia lentiscus); oppure arbusti spinosi, come il Pero selvatico (Pyrus pyraster) o il Biancospino (Crataegus monogyna); piante con foglie tomentose, come ad esempio la Lingua di cane giallastra (Cynoglossum cheirifolium), che si ricopre interamente di folta lanugine per evitare una eccessiva evapotraspirazione nei periodi più aridi dell’anno.
La gariga è più ricca in varietà della macchia perché gli arbusti radi lasciano ampi spazi dove possono insediarsi numerose specie erbacee, sia perenni, in prevalenza bulbose, quali ad esempio la Scilla marittima (Drimia maritima), l’Asfodelo mediterraneo (Asphodelus ramosus), Asfodelo giallo (Asphodeline lutea), il Narciso nostrale (Narcissus tazetta) e Iris tuberosa (Hermodactylus tuberosus); sia piante annue quali la Borsa del pastore (Capsella bursa pastoris). Altre essenze che abbiamo osservato lungo questo tratto del percorso sono il Timo, il Cisto femmina, l’Euforbia greca e l’Issopo meridionale.

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Sul crinale dei rilievi più alti resistono piccoli boschi, ma di grande valore naturalistico. Essi sono formati in prevalenza da Ontano napoletano (Alnus cordata), essenza forestale di elevato interesse scientifico in quanto rappresenta un prezioso endemismo dell’Italia meridionale. E, dunque, una entità unica ed esclusiva della flora dell’Appennino Meridionale.
Molte delle piante che abbiamo osservato lungo il percorso sono officinali, ovvero specie che possono essere utilizzate per scopi medicinali, alimentari, artigianali e altro. Bisogna ricordare che il patrimonio etnobotanico del Cilento, e dell’Italia Meridionale in genere, è molto vasto. Esso si è arricchito nel corso del tempo di tante conoscenze arrivate con le continue immigrazioni di popoli di diverse origini. Tra questi Greci, Latini e Arabi che hanno lasciato tracce della loro presenza nell’uso di piante officinali, sia spontanee che orticole, molte delle quali ancora comunemente in uso. Ognuna di queste piante ha una storia lunghissima da raccontare, che in parte abbiamo rivelato durante il percorso … ma questa è un’altra storia …

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