Sotto le stelle

24 agosto 2016 2:16 di jazzi

Di Gabriele Gimmelli.

Chi, durante le sere d’estate, non ha mai trovato il tempo per fermarsi a guardare le stelle? Ai più fortunati basta distendersi nell’erba di una radura, oppure sulla spiaggia, in riva al mare; chi è costretto a rimanere in città si accontenta di affacciarsi al balcone di casa – sempre che la serata sia limpida e che qualche lampione non dia noia con la sua luce. Le serate estive sembrano proprio il momento più adatto per sostare sotto il cielo stellato, magari per riflettere un po’ (se si è da soli) o per scambiare due chiacchierare (se si è in compagnia), filosofeggiando sulla vita e il resto almeno fino a quando il sonno non prende il sopravvento.

Un’atmosfera sospesa, insomma, che invita all’introspezione e alla meditazione. Forse è proprio per questo che il cinema se ne è facilmente appropriato, facendone uno dei clichés romantico-esistenziali più frequenti (per non dire abusati), da inserire preferibilmente nelle pause del racconto per dare allo spettatore il tempo di tirare il fiato e ai personaggi sul grande schermo il tempo, nel caso, di spiegare le loro ragioni. Così, se il Pippo-Gaucho di Saludos Amigos (1943) attende il “cadere” della notte per cantare (in playback) Yo soy la blanca Paloma, un altro eroe animato, l’orco Shrek dell’omonimo film del 2001, sceglie un plenilunio per confessare all’amico Ciuchino la propria solitudine di “diverso”.

Ma la notte, si sa, è anche il luogo dell’ignoto e della paura, come ci ricordano le vicissitudini dei piccoli John e Pearl, raccontate da Charles Laughton nel suo primo e (purtroppo) unico film da regista. Per scacciare gli incubi, niente di meglio allora che ritrovarsi attorno ad un fuoco con due amici, magari mangiando un coniglio selvatico («with garlic, olive oil and rosmarino»), come vuole una certa tradizione all male statunitense, e come fa Roberto Benigni, con John Lurie e Tom Waits, in uno stralunato cult-movie diretto da Jim Jarmusch la bellezza di trent’anni fa.

Ci sono anche quelli per cui una notte sotto le stelle è soltanto il pretesto per tirare l’alba, con risultati alterni: c’è chi, come Woody Allen e Diane Keaton, si gode il sorgere del sole a due passi dal Queensboro Bridge, e chi, come Nanni Moretti e i suoi amici, viene ridestato dalle grida di uno straccivendolo sulla spiaggia di Ostia, mentre il sole è già sorto da un pezzo, e per soprammercato alle spalle degli sprovveduti nottambuli.

Ma poi, bisogna proprio aspettare l’estate per mettersi a guardare le stelle? Kate Winslet e Jim Carrey, per esempio, lo fanno in pieno inverno, comodamente distesi su un lago ghiacciato. E non importa se uno non conosce le costellazioni: le può sempre inventare al momento (che mi pare anche un modo intelligente per smarcarsi dal cliché senza intaccare l’atmosfera romantica della situazione).
Saludos Amigos – El Gaucho Goofy, Jack Kinney, 1943

Shrek, Andrew Adamson e Vicky Jenson, 2001


La morte corre sul fiume, Charles Laughton, 1955

Daunbailò, Jim Jarmusch, 1986

Manhattan, Woody Allen, 1979

Ecce bombo, Nanni Moretti, 1978

Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Michel Gondry, 2004

http://www.youtube.com/watch?v=UON6hsbQp2M

Pubblicato su Doppiozero il 24 Agosto 2016.

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